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“Il colibrì” di Sandro Veronesi.
Pubblicato da La nave di Teseo, ha 368 pagine.
Un’inizio con sorpresa, che ha il tono di un libro frizzante. Al protagonista, Marco, viene rivelato l’inaspettato da un personaggio altrettanto inatteso, uno psichiatra, che sta in mezzo a moglie e marito, ai loro tradimenti, alle loro omissioni.
Si preannuncia un libro spiritoso
All’esterno, invece, il destino sta aspettando di travolgerlo per il tramite di un ometto basso di nome Daniele Carradori calvo e barbuto (…)
La prima parte del libro continua con tono leggero, ci parla di un amico d’infanzia coinvolto nel gioco d’azzardo, finché si incontra la prima lettera di una donna, riportata per intero. Una lettera struggente.
Il romanzo si trasforma
Pagina dopo pagina, è come se SI PASSASSE A UN ALTRO LIBRO, un racconto famigliare innanzitutto, un percorso di ricordi di infanzia e adolescenza fatto di perdite, dolori, di un suicidio e di malattie. I complessi fisici che accompagnano il protagonista fin da bambino non lo abbandoneranno mai, influenzandolo anche da adulto in ogni interazione. E infine una moglie con disturbi psichici. La consapevolezza di avere avuto una vita sfortunata e allo stesso tempo, la consapevolezza di saper amare intensamente come si può amare un figlio o un’amante mai avuta, non fa altro che incrementare il senso continuo di contraddizione del protagonista. E poi c’è la psicoanalisi, presenza costante perfino trasversale, perché segue le donne che orbitano intorno alla vita di Marco. Un insieme di storie e di domande morali e etiche certamente coinvolgenti, come quella sull’eutanasia.
Tecnica mista di racconto
In questo romanzo, Veronesi sceglie il continuo alternarsi di prospettive anche grammaticalmente parlando. Si racconta al passato, al presente e al futuro; in prima e in terza persona; vengono riportati i testi di mail e lettere. I salti nel tempo movimentano con efficacia la narrazione, che conduce a volerne sapere di più, ma a un certo punto IL LIBRO SI ARENA.
Il libro si arena
Veronesi ha vinto il Premio Strega del 2020, ma trovo che questo lavoro non sia niente di speciale dal punto di vista della scrittura, seppure rimanga scorrevole e sincero, e sappia toccare temi importanti e scottanti. C’è qualcosa che lo appiattisce e non saprei dire se è nello stile o nel contenuto del romanzo. Forse approfondisce troppo il percorso interiore di troppi personaggi. Per questa sorta di appiattimento dovuto alla moltitudine, dopo la metà del libro, nonostante i personaggi rimangano interessanti, si procede a fatica.
Peccato, perché è una storia commovente, capace di trasferire messaggi importanti. Un racconto di resilienza e di sopravvivenza, proprio come la vita del vero colibrì. O forse chissà, bisogna essere nel giusto periodo di vita per avere il desiderio e la resilienza di accoglierlo.
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