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La modernità di “Revolutionary Road”
“Revolutionary road” ha avuto, al contrario di quel che i critici ventilavano, un successo tardivo. Richard Yates lo ha pubblicato nel 1961 con Little, Brown & Co. Fu accolto molto bene dalla critica ma ebbe un tiepido successo di pubblico. Fu poi ripubblicato da Penguin Random House, ma le vendite non furono nulla di eclatante e fu presto dimenticato. Il romanzo americano fu tradotto e pubblicato in Italia col titolo “I non conformisti” nel 1964 e i risultati furono più o meno gli stessi. Il suo vero, grande successo avvenne solo dopo 44 anni, con l’uscita del film nel 2008, e in Italia fu ripubblicato da Minimum Fax col suo titolo originale.
Un libro attacco al conformismo e alla sua inesorabilità
“Revolutionary Road” è considerato il ritratto di un matrimonio in fallimento. E lo è. Ma è anche una delle fotografie più vere e attuali delle dinamiche di coppia in una società che insegna che il raggiungimento di certi obbiettivi renderà sicuramente felici. Carriera, status sociale, famiglia e perbenismo sono la formula garantita per una felicità che i due protagonisti rigettano, ma in cui inevitabilmente ricadono. Quella di Yates è una critica feroce al mito borghese che lui decide di affondare spietatamente, scegliendo la tragedia senza scampo, come finale. Quel che mi ha catturato immediatamente, è la capacità di introspezione psicologica di Yates, che si sposta continuamente dalle ossessioni prettamente maschili di Frank, il marito, alle frustrazione di April, come moglie e come madre. I due coniugi si considerano diversi e alternativi rispetto ai loro vicini di quartiere. Cullano l’idea di trasferirsi a Parigi per fuggire dalla noia dei sobborghi, per poi precipitare nel conformismo più squallido accerchiati da ciò che Yates stesso descrive in un’intervista:
… durante gli anni ’50 c’era una brama generale per la conformità in tutta la nostra nazione, non solo nei sobborghi ricchi, una sorta di cecità, un aggrapparsi disperato alla salvaguardia e alla sicurezza economica ad ogni costo.
Quel “ogni costo” è proprio ciò che logorerà Frank e April.
I dispetti di coppia
Di questo romanzo, mi affascinò e mi spaventò la veridicità con cui Yates ritrae le meschinità che si scatenano nella relazione di coppia. Mi ha divertito la satira velata e l’ironia sottile di cui Yates è capace, pur narrando una vicenda drammatica. I dialoghi tra marito e moglie sono brillantemente usati per portare in superficie i reciproci risentimenti nascosti, i rancori, le frustrazioni da riversare sull’altro, i desideri di ferirsi e di farla finita. Frank e April Wheeler mettono in atto quotidianamente astuzie di ogni genere per farsi del male e per disgustarsi a vicenda.
La cosa meravigliosa del libro è però il fatto che il punto di vista del racconto passi da Frank a April più di una volta. Che se per alcuni capitoli proviamo stima per Frank e compassione per April, in altri comprendiamo le debolezze e le paure di Frank e rivisitiamo la debole April come una donna quasi malvagia.
“Revolutionary Road” approfondisce e ritrae la complessità del rapporto di coppia senza lasciare nulla o quasi di non esplorato.
Yates, scrittore dalla psicologia femminile
Il racconto di “Revolutionary Road” è anche il percorso di frustrazione di una donna che vorrebbe realizzare le proprie aspirazioni artistiche, ma che si trova ad assolvere quelle di casalinga, di madre e di vicina perfetta nei sobborghi del ricco Connecticut intriso di perbenismo. Il romanzo esplora con garbo e acutezza la condizione della coppia moderna e borghese, scavando a fondo nelle dinamiche psicologiche e sociali più universali. E nonostante sia scritto da un uomo e inizialmente la voce principale sia quella del marito, trovo che la vera protagonista sia lei, April, che percorre un lento e inarrestabile tragitto di depressione. Anche per questa capacità di leggere la psicologia femminile e di narrare la condanna del ruolo femminile, trovo che “Revolutionary Road” sia un libro estremamente moderno. Benché scritto nel 1961 e ambientato negli anni ’50 è un romanzo di denuncia tutt’ora di grande attualità.
L’uso dei dialoghi
Uno degli strumenti più geniali che usa Richard Yates, novità per quei tempi, sono i dialoghi immaginari: conversazioni che avvengono solo nella mente di Frank. Vediamo il disfacimento del matrimonio in gran parte dal suo punto di vista (anche se non siamo tenuti a simpatizzare con lui), ascoltando le conversazioni che immagina, le risposte di sua moglie citate come se si trattasse di discorso diretto. Questo strumento viene raramente usato in letteratura, soprattutto se svolto come in questo caso, col semplice intercalare di: “Avrebbe detto – Lei direbbe – “.
L’importanza di questi dialoghi immaginari è fondamentale. Infatti, la prima cosa nel romanzo che Frank pensa di dire ad April è proprio qualcosa che poi non dice. E le ultime cose che accadono sono i suoi tentativi di risentire la voce della moglie che invece non riuscirà più a ritrovare.
Frank ricorda e ripassa, per esempio, quello che ha detto a April mentre giacevano a letto insieme dopo aver fatto l’amore per la prima volta:
“Sei la persona più interessante che abbia mai incontrato.”
I discorsi che sogna a volte sono assurdi. Frank addirittura immagina la chiacchierata con l’analista che curerà sua moglie dal disagio.
Credo che la sua valutazione della difficoltà sia essenzialmente corretta, signor Wheeler…
Immagina le spiegazioni della segretaria con la quale ha avuto una relazione ora finita.
Alla fine, Frank rientra dall’ospedale. April è morta.
“Due asciugamani pesanti, imbevuti di cremisi, giacevano concentrati nella vasca, vicino allo scarico. ‘Ho pensato che sarebbe stato il modo più semplice per gestire la cosa,’ ha potuto sentirla dire. Mentre inizia a pulire i suoi anelli, nella sua testa tornano i loro discorsi domestici. ‘Prova una spugna umida e un po’ di detersivo secco, tesoro – è lì nell’armadio sotto il lavandino’.”
I rimpianti del non-detto
Il dialogo immaginario ha il privilegio di evitare sempre gli errori del discorso reale. Non è così per molti di noi? Quando ripassiamo nella mente quel che vorremmo dire fila tutto in maniera perfetta. Se in quei dialoghi si svolge tutta la dolorosa faida di una coppia sposata, il dialogo immaginario fa emergere la differenza tra ciò che si dice e ciò che si potrebbe dire. E quante volte noi stessi abbiamo provato rimpianto per il non detto o per una parola di troppo?
La cosa interessante è che questi dialoghi immaginari non sono solo fantasia. Sono esattamente quello che Frank e April avrebbero potuto dirsi a vicenda e di tanto in tanto, la realtà si confonde con l’immaginato.
Tennessee Williams su Revolutionary Road:
Un romanzo che va oltre la scrittura egregia. Qui ritrovo ciò che, oltre a una scrittura eminente, rende un libro immediatamente, intensamente e brillantemente vivo. Se serve altro per realizzare un capolavoro di narrativa moderna in America, non saprei cosa ciò possa essere.
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