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L’America delle opportunità o quella di Spike Lee?
Per Francesco, il fatto che l’America fosse ancora terra di grandi opportunità, dove le cose succedono meno formalmente e senza raccomandazioni, non era ciò che lo attirava. Lo attirava invece New York, ma per i suoi aspetti più intimi, come le relazioni interculturali ritratte da Spike Lee nel film Fa la cosa giusta; o lo humor della sopravvivenza di Martin Scorsese nella commedia Fuori orario.
La prima opportunità
Invece, durante una sua visita a New York, in una serata senza aspettative, gli viene chiesto di esibirsi insieme a un pianista mai conosciuto prima e la sua vita ha una svolta. Francesco non si tira indietro e durante l’esibizione nota una persona che si alza dal pubblico, approccia l’organizzatrice della serata e le passa qualcosa. Quando scende dal palco gli viene consegnato un biglietto che contiene un nome e un numero di telefono. La promessa è quella di concerti nei teatri più importanti di New York. Scettico, aspetta qualche giorno per comporre il numero, finché si decide. Dall’altra parte c’è Steve Acunto, presidente della Italian Academy Foundation, che lo invita a esibirsi durante un evento, per poterlo ascoltare. Ne esce entusiasta e qualche settimana dopo, arriva la notizia.
È il novembre del 2011. L’oroscopo di Francesco ha appena predetto una novità professionale. Al telefono, l’annuncio di Steve: lo vogliono al Carnegie Hall, tre settimane dopo!
Alla fine di novembre di quell’anno, si esibirà nel teatro che ha ospitato i più grandi cantanti lirici del mondo, tra i quali il suo più stimato Maestro Carlo Bergonzi. Durante gli anni di studi, Francesco ha instaurato con lui un rapporto di amicizia, lo chiama immediatamente e il grande tenore è felice di dargli suggerimenti per la riuscita dell’esibizione.
Quel primo concerto al Carnegie Hall sarà per Francesco un trampolino di lancio. Grazie anche a Steve Acunto che continuerà a seguirlo, nascono per lui decine di occasioni che lo porteranno a esibirsi in vari luoghi iconici degli Stati Uniti. Per concerti, per opere dalla messa in scena più classica, fino a quelle dal carattere più contemporaneo.
Da medico a cantante lirico, poi l’esperienza in America.
Si dice che se qualcuno ha una vocazione, l’anima del bambino la riconosca. Poi arriva l’età della ragione, dei condizionamenti sociali e spesso ci si dimentica di quella parte più pura di noi stessi.
A otto anni, Francesco Pavesi è già affascinato dal canto lirico e dai suoi più grandi protagonisti: Luciano Pavarotti e Alfredo Kraus. Coi genitori va a vedere opere liriche e ne rimane incantato. Le ascolta a casa dei nonni, d’estate, sui vecchi LP e imita i cantanti. Impara i libretti a memoria, di tutte le parti dell’opera.
Ma da adolescente è certo che la sua vocazione sia fare il medico. Una strada distantissima da quella prima passione. A quindici anni aveva avuto un incidente d’auto con suo padre, un’episodio scioccante, che lo segna e lo convince che nella vita dovrà fare qualcosa per aiutare gli altri. L’idea dell’esperienza umana del medico di famiglia, che visita i pazienti nelle loro case, che con loro instaura un rapporto speciale, è quello che immagina. A diciott’anni si iscrive a medicina e sostiene molti esami.
La voce del Francesco bambino però si fa risentire. Si iscriverà al conservatorio, prima per studiare il corno francese, poi finirà nel coro, dove riemergerà, prorompente, la passione per il canto. Studierà con grandi Maestri, come Lucetta Bizzi e Romano Franceschetto. Verrà accompagnato dal famoso pianista Eugenio Furlotti e approderà, come accennato prima, a studiare con uno dei più grandi tenori italiani di sempre: Carlo Bergonzi.
Carlo Bergonzi si era esibito a New York, soprattutto al Metropolitan Opera, a partire dal 1956 fino al 1983, oltre che nei teatri più prestigiosi di tutto il mondo. Ma sarà proprio al Carnegie Hall che il famoso tenore deciderà di tenere il suo concerto di addio alla città di New York. Quando Francesco si esibirà in quello stesso luogo, sceglierà di cantare “Non ti scordar di me” proprio in suo onore. Era noto, infatti che Carlo Bergonzi si esibisse nel canto di questo walzer lento a conclusione di tutti i suoi concerti americani.
New York e Parma. Diverse ma con la stessa anima.
Quando Francesco mette piede a New York non viene colpito solo da ciò che cattura tutti – l’energia, i colori, l’estetica cinematografica della Big Apple – ma qui trova un’inverosimile corrispondenza con la sua città di origine. Parma, dove è nato e cresciuto, è situata a pochi chilometri da dove nacque Verdi e ha una tradizione lirica importante. Se questo è ciò che la rende popolare, in realtà è un continuo fervore artistico che da sempre la rende unica e che ha generato e attratto talenti di ogni genere. Per menzionarne alcuni, qui sono cresciuti il regista Bernardo Bertolucci e il poeta Attilio Bertolucci; ha vissuto Pierpaolo Pasolini; è stata scelta dal giovane Gianni Versace per i suoi studi, proprio perché attratto dalla bellezza e dal fermento culturale. Sono i talenti artistici e uno spirito libero e curioso che secondo Francesco caratterizzano sia New York che la cittadina di Parma, due luoghi esteticamente distanti ma nell’anima, essenzialmente vicini.
Viaggiando per gli Stati Uniti, Francesco non può non osservare la complessità e le contraddizioni di questo grande Paese, le diseguaglianze sociali che l’amato Spike Lee ritrae con piglio ironicamente aggressivo, tipico newyorchese.
New York rimane per lui un luogo di ispirazione, come lo è stato Parma, pieno di talenti ai più alti livelli e costellato di attori inconsapevoli, che per le strade della Big Apple mettono in scena quella che lui chiama, con rinnovato stupore, “una continua performance”.
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