Luigi Scarcella, il designer combattente, dalla Sicilia a New York.

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16 Giu, 2022

Per la serie italiani in America, ho incontrato Luigi Scarcella.

Ho soprannominato Luigi Scarcella il designer combattente, perché oltre ad essere un designer e grafico a New York è un professionista di arti marziali, nonché fondatore di Half Sumo Collective, un’azienda che, partita da Brooklyn e da Messina è arrivata in pochi anni al successo internazionale.

Luigi ha ventun anni quando prende la decisione più importante della sua vita.

È il 2007 ed è a Messina, seduto sulla tazza del water, a casa dei genitori, che dovrebbe lasciare presto perché ha ricevuto un’offerta di lavoro allettante a Roma. Ha finito da poco l’Istituto Europeo di design. In mano tiene il biglietto da visita del direttore creativo di una famosa agenzia pubblicitaria di Roma. Tira lo sciacquone, si guarda due volte allo specchio e mentalmente ripassa la telefonata in cui gli confermavano che l’avrebbero assunto. Invece di essere felice, è perplesso. Gli sta salendo il panico.

Da quando è alle scuole medie ha il sogno di andare a vivere per un periodo a New York, i racconti di uno zio che vive lì hanno costellato molte delle sue notti di ragazzino. Ma perché proprio ora? Perché l’urgenza di partire per l’America è arrivata ora che si è concretizzata l’offerta di lavoro più incredibile che potesse sperare?

Il coraggio di prendere decisioni difficili, scatta quando si è di fronte a un bivio. Solo quando si è messi con le spalle al muro si riesce a comprendere ciò che si vuole davvero. E così è per Luigi.

Luigi vuole provare a vivere a New York.

Luigi vuole esplorare, capire cosa succede oltreoceano. Il suo desiderio profondo sarebbe quello di provare a lavorare in America.

O forse vuole fuggire dalla proposta contingente di stabilità? Fuggire dalla prima certezza che alla sua giovane età si è presentata? Certezza alla quale aspirava fino a prima di quella telefonata? Roma, denaro, indipendenza, stabilità e un bel lavoro. Cosa desidera di più?

Per decidere Luigi ha poco tempo. Dopo il weekend deve partire per la capitale per cercarsi una casa. E così la chiarezza arriva. Ha deciso, vuole andare a New York. Vuole provarci. Senza un’idea precisa, senza un lavoro, ma con l’appoggio di una stanza che lo zio ha trovato per lui in un appartamento per le prime settimane. Come dirlo a mamma e papà? La tragedia lo aspetta. La reazione di tutti è quella che si aspettava. Sei pazzo! Un lavoro fisso di quel livello non lo troverai mai più! Ma Luigi ormai ha deciso.

Contro tutto e contro tutti, compra il biglietto e parte per New York.

Bastano sette giorni a gironzolare per Manhattan, per capire che il poco denaro che si è portato dietro finirà presto. E basta qualche tentativo di trovare lavoro a New York, per rendersi conto che col suo pessimo inglese la battaglia non sarà facile. Se vorrà lavorare in America, dovrà studiare l’inglese. Per imparare l’inglese a un buon livello gli ci vorranno tanti mesi e molti soldi, e per poter rimanere e studiare dovrà ottenere un visto. È un cane che si morde la coda, la soluzione sembra non esserci.

Il primo lavoro diurno che gli si presenta è quello del babysitter. Il bambino ha 7 anni e la madre americana vuole che il bambino continui a parlare italiano, la lingua del padre, dal quale è separata. Il loft gigantesco in cui vivono è a Soho. Il bambino ama disegnare e Luigi gli fa da maestro. La signora lavora nel mondo del cinema, e quando si accorge che Luigi è un disegnatore, gli chiede di illustrare lo storyboard del suo futuro film. Luigi non sa nemmeno cosa sia, uno storyboard, ma accetta.

Il film è Cadillac Records, e in quell’occasione conosce Beyoncé e Adrien Brody

Coi due attori Luigi trascorre pomeriggi a lavorare alle sequenze del film. Per lui è tutto nuovo, districarsi con l’inglese non è facile, deve impegnarsi molto, studiare cose completamente nuove, e in quel periodo è catturato dalla giostra del divertimento che New York gli offre. A ripensarci ora, Luigi si rende conto di aver perso una grande opportunità. Ma era giovane, poco sicuro delle sue capacità e ancora impacciato nell’uso della lingua. La signora lo avrebbe aiutato a lavorare nel mondo del cinema, glielo fece capire, ma lui era distratto.

“Ho perso un treno, una grande opportunità!”

Un tardo pomeriggio di settembre, rimasto con pochi spiccioli in tasca, si avvia verso l’ovest di Manhattan all’altezza del West Village per ammirare il famoso tramonto sull’Hudson River. Passeggia solo, zainetto in spalla, quando arriva su Greenwich Street intravede il riverbero già rosato dell’acqua. Poche nuvole basse, con una linea netta, lasciano filtrare l’arancio denso di una striscia di cielo.

All’angolo di Washington street, vede il fiume ingigantirsi con tutta la sua magia, quando sente dall’altra parte della strada il grido di una parolaccia in italiano. D’istinto si gira, osserva la scena. Un signore sta sgridando un ragazzo che sistema dei tavoli fuori da un ristorante. Il signore grida, sposta delle sedie, il ragazzo tace. Poi si danno un cinque e sorridono. Luigi non resiste. Una coincidenza. Di finti ristoranti italiani ne ha visti molti, nella sua prima settimana a New York, ma questi sembrano essere due concittadini nostrani. Si avvicina. Chiede se sono italiani, ovviamente sì, si sente rispondere.

Luigi gli spiega che avrebbe bisogno di un lavoro, ma che non ha mai lavorato in un ristorante prima.

Quando potresti cominciare?

Il prima possibile.

Vieni domani.

È questo lo scambio di battute che, scoprirà solo dopo,  contribuirà a forgiare il suo destino.

 

I primi tre giorni di training, cioè di prova-lavoro, sono massacranti. Luigi arriva a sera stremato, confuso, gli sembra di non imparare, di non essere tagliato. Vede gli altri muoversi agili, sicuri, sorridenti. Mentre lui è impacciato e ha il grande ostacolo dell’inglese. Non capisce quello che i clienti gli chiedono. Arrossisce, si vergogna. Molte sere è tentato di mollare, ma non può. Deve resistere. Il lavoro gli serve, il denaro sta finendo, deve iscriversi a una scuola di inglese. E poi a Messina non può tornare dopo meno di due settimane! I colleghi camerieri, dopo la tensione del servizio in cui spesso lo riprendono, poi si dimostrano amici.

Così, il quarto giorno, Luigi riceve per la prima volta la paga. Ogni sera questa paga sarà diversa, perché basata su un sistema di condivisione di percentuali delle mance, che in America i clienti devono lasciare obbligatoriamente.

La paga di quella sera è ottima. Luigi non immaginava di poter guadagnare tanto in un solo giorno! Esce distrutto, le gambe doloranti, la testa che fuma, ma sorride: questo è il primo denaro che guadagna in vita sua.

È un primo segno, ma lui ci vede dentro un grande destino.

Luigi Scarcella, uno degli italiani in America, crea un design di nicchia.

Luigi scopre la sua strada di creativo grazie alla grande passione per quello che per tanto tempo era stato un hobby, le arti marziali, un hobby che l’ha guidato e in qualche modo salvato.

Luigi Scarcella-Karate-New York-designer

Sono passate solo poche settimane dall’arrivo di Luigi a New York nel 2007, che per lui comincia la vita dura del vero newyorchese. Per vivere a New York avere un solo lavoro non è abbastanza. Oltre a fare il cameriere al ristorante, Luigi ha bisogno di una seconda entrata.

Entro un paio di mesi trova la possibilità di fare uno stage con rimborso spese in un’agenzia pubblicitaria di Manhattan, cosa che potrebbe aprirgli molte porte. È quello che Luigi vorrebbe fare in futuro e cominciano per lui gli anni dei sacrifici. Settimana a lavorare full-time all’agenzia e il weekend a pieno ritmo nel ristorante dove deve guadagnare abbastanza per pagare tutto, inclusa la scuola di lingua. I ritmi sono frenetici, la stanchezza è costante. A volte prevale lo scoraggiamento, altre l’entusiasmo. Poi le grandi emozioni, la voglia di divertirsi, di divorare la città che Luigi comincia a conoscere sempre meglio. Questi gli ingredienti dei suoi primi due anni a New York.

Ma il rischio di perdersi è alto. New York propone divertimento in tutte le direzioni e in mille modi, e Luigi osserva molti coetanei, soprattutto italiani a New York che, forse catturati da questa giostra inarrestabile, non sono riusciti a portare avanti ciò che si erano prefissi.

Non vuole tornare a Messina. Sarebbe un fallimento.

Ma quando arriva Natale o quando l’estate fa capolino, la nostalgia della Sicilia diventa insopportabile. Appena può scappa in Italia, anche per pochi giorni, e spesso torna a New York a malincuore. Ma vuole tener duro, non può guardarsi indietro.

Ciò che lo aiuta a combattere non solo la mancanza della sua isola e della sua famiglia, ma che lo salva dalle tante trappole che New York gli trae, e soprattutto lo rigenera di entusiasmo è una sola cosa: la passione per le arti marziali.

Le arti marziali: un’ancora di salvezza.

Fin dall’infanzia, Luigi è attratto dalla cultura giapponese. Da bambino leggeva i manga, fumetti giapponesi, guardava cartoni animati giapponesi e a sette anni cominciò a praticare karate. Poi vennero per lui i tatuaggi giapponesi e i woodblock prints, una specie di timbri in legno antichi. Finché un giorno in Sicilia, quando ha deciso che partirà per New York, un amico gli mette in mano un foglio di carta con un indirizzo e una mappa, (per quanto sembri strano, non esisteva ancora google map). L’amico insiste perché Luigi vada a scoprire a Brooklyn un maestro del moderno karate giapponese, il Kioqu Shinkai.  Subito durante la prima settimana, proprio perché si sente presto perduto per le strade di Manhattan, si presenta in quella palestra e l’allenamento di questo strano karate lo conquista.

Luigi Scarcella-Half Sumo-Kioqu Shinkai-Brooklyn-New York

Il Kioqu Shinkai è strettamente legato alla storia del suo fondatore, un giovane coreano che, trasferitosi in Giappone, decise di isolarsi in un bosco e dedicarsi esclusivamente all’allenamento, usando la natura come palestra. L’idea era quella di portare il proprio corpo a vivere condizioni estreme per superare costantemente i propri limiti. Così, Luigi finisce per praticare una delle arti marziali più violente che esistano, il Kioqu Shinkai, che permette una lotta estenuante, con calci e pugni a mani nude. Questa violenza forse è certamente percepita dagli spettatori dei combattimenti, perché per i combattenti come Luigi Scarcella, il Kioqu Shinkai sembra essere uno strumento incredibile di auto-miglioramento e perfino di meditazione.

Proprio da questa arte marziale e dalla sua passione per l’illustrazione giapponese nasce l’idea di Luigi per il suo business: Half Sumo Collective. Luigi comincia a disegnare t-shirt con uno stile originale che convoglia l’illustrazione giapponese e il tratto occidentale della street art e dei graffiti. Design New York, design giapponese, street-art design, pennarelli, tatoo, un mix di espressioni che dà vita allo stile originale di Half Sumo.

Luigi fonda Half Sumo Collective nel 2014 con un amico.

Luigi Scarcella-brooklyn-new york-half sumo collective

Half Sumo, brand internazionale di fightware.

Hal Sumo crea e produce abbigliamento sportivo per arti marziali ed è oggi venduto in tutto il mondo. I fan di Hal Sumo sono in gran parte in Brasile, ma anche dall’Australia, da ogni nazione europea e dagli Stati Uniti, arrivano a Luigi ringraziamenti e richieste speciali, come il suo autografo sulle magliette.

“Ho lavorato per tanti anni al sogno degli altri” dice Luigi, che oggi, invece, ha realizzato il suo sogno. Ciò che per molti era stato giudicato un gioco e un capriccio, è oggi un’azienda che distribuisce a livello internazionale, che ha sede negli Stati Uniti e alla guida della quale ci sono Luigi e il suo socio. Luigi rimane l’unico designer, la figura creativa dell’azienda in tutti i senti.

“Le arti marziali mi hanno tenuto ancorato alla realtà e ai miei desideri più importanti.”

Ciò che lo affascina di questo sport è proprio la durezza della disciplina. Allenamento durissimo, sfida dei propri limiti, e durante il combattimento, il ritorno alla primordialità.

“Non esiste altro che lucidità, adrenalina e concentrazione, quando sono sul tatami,” dice Luigi “Perché quando combatti nel Kioqu Shinkai, devi pensare a salvarti la vita e per me è stato un grande insegnamento.”

Ora Luigi è tornato in maniera fissa nella sua Brooklyn, dopo qualche anno di andirivieni tra la sua amata Sicilia e gli Stati Uniti.

“Questo è il luogo in cui adesso voglio stare. Amo la mia azienda e amo il mio lavoro. Non vedo l’ora che sia lunedì per dedicarmi alle mie creazioni. Se penso agli inizi a New York, posso solo dire che sia stata molto dura. Se dovessi dare un consiglio a chi vuole provare a trasferirsi in questa città, dico di persistere e di non mollare. Anche quando tutto sembra impossibile da realizzare.

New York in qualche modo ti premia, se tieni duro. ”

 

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Elena Perazzini

Elena Perazzini

Autore

Elena Perazzini è nata a Rimini e vive a Manhattan, dal 1997. Laureata a Bologna con una tesi in criminologia nel 1999 è stata assistente di Oriana Fallaci a New York presso Rizzoli e producer per Rai International. ..

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