David Foster Wallace 1. Quando persi la testa

David Foster Wallace
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2 Nov, 2022

LA MIA DICHIARAZIONE D’AMORE A DAVID FOSTER WALLACE

Mi svegliai sudata e col cuore che scalciava. Scalciava come un animale soffocato dentro a un sacco. E anch’io soffocavo. Il senso di colpa mi stringeva la gola. Avevo appena scoperto di tradire il mio ragazzo. Nel sogno ero seduta in prima fila durante una conferenza di David, e ancora adesso, mentre digito il suo nome, un fremito di qualcosa che non so come chiamare, mi invade. Invade il mio stomaco, poi la gola, quella parte tendente a reagire alle emozioni positive e leggere, come quelle di contentezza, ilarità, felicità, comprendendo anche quelle di felicità repressa, come la mia. Mi chiedo se ci sia differenza tra felicità espressa e felicità repressa, poiché forse la felicità non si può mai davvero reprimere. Insomma, anche solo digitando il nome di David sulla tastiera, sento tuttora nello stomaco quelle butterflies, come dicono in inglese, le famose farfalle. Nel sogno ero seduta in prima fila, David Foster Wallace sul podio, a pochi metri da me, che parlava con quella sua voce delicata, sommessa, eppure fortemente consapevole. E io, col passare dei minuti, mi innamoravo sempre più perdutamente di lui. La poltrona sotto di me diventava un abbraccio, le mie guance arrossivano e io provavo un’attrazione sempre più incontenibile. David sbirciava la sala enorme dai suoi occhialini sottili che mi apparivano sensuali, anche se disgustosamente vecchi e ombrati, forse unti. Ma a me sembrava calzassero alla perfezione sul suo viso che rimaneva quello di un neonato, seppur dotato di barba incolta del sex symbol inconsapevole. Non di un hipster, però. Le due cose sono ben diverse. Il sex symbol inconsapevole ha davvero la barba incolta e non troppo lunga che gli ombra le guance, evidenziando gli zigomi. L’hipster ha una barbona invadente ma curata, a volte perfino tinta, che prende forme precise grazie a sforbiciate ben calibrate. E non è affatto sexy.

Sempre nel sogno, osservavo le  mani affusolate di David Foster Wallace, le dita quasi femminili, ma dal palmo possente e mascolino. Mani che non sapevano ben gesticolare, che trattenevano ogni impulso senza riuscirci bene, come le smorfie sul suo viso, che sembravano il continuo risultato di una contraddizione. Erano smorfie impercettibili, le sue, ma proprio per questo mastodontiche, frutto di tentativi di controllo mal riusciti, che le rendevano quindi innaturali, eppure genuine. Erano espressioni che sfuggivano alla mente e al sistema nervoso e prendevano una loro traiettoria indipendente prima scatenandosi per poi auto-rimproverarsi, liberandosi, per poi auto-bloccarsi. David avrebbe voluto rimanere impassibile mentre parlava, questo si capiva bene. Ma era troppo appassionato, troppo colmo di cose da concatenare e da assicurarsi di far capire bene al suo pubblico, al punto che mi sembrava di intravedere il pandemonio di pensieri ribollire dentro al suo cervello, un organo tentacolare, avido di conoscenza, abile maneggiatore di nozioni, eppure sofferente, tribolato, in costante supplizio.

Questi tentacoli di encefalo erano talmente carichi di corrente al punto da far David tartagliare, a volte, inciampare sui propri pensieri, facendolo vergognare, per poi rialzarsi e immediatamente riappropriarsi del filo di concatenazioni di concetti che altrimenti rischiava di essere rispedito indietro nei meandri di quel cervello addensato, vertiginoso, ossessivo. Lui stesso aveva detto una volta che temeva potesse scoppiare.

Ascoltavo più col cuore

E sempre nel sogno, seduta in quella prima fila con lui davanti a me, mentre ricordavo le cose che aveva scritto e ascoltavo (più col cuore che con le orecchie) la sua voce, ricordai d’improvviso di averlo già conosciuto.  L’avevo proprio conosciuto persona. Uno choc! Osservai di nuovo i suoi occhi, i capelli come sfilacciati, la posa eretta, le spalle massicce, le braccia muscolose di un atleta, e mi tornò alla mente il nostro incontro. Lui aveva detto solo di chiamarsi David e io non gli avevo mai chiesto il cognome. Non avevo idea di chi fosse ne cosa facesse, allora. L’avevo conosciuto vicino all’università in cui insegnava e dove viveva solo con dei cani. Non ricordavo bene come, ma tra di noi si era scatenato qualcosa che sapeva di attrazione e infatti ci eravamo baciati. Nel sogno, ricordavo che mentre ci baciavamo quando ancora io non sapevo chi fosse, fuori c’era la neve. Era stato solo un bacio, ma io mi sentivo innamorata. Così, sempre nel sogno, realizzavo di aver tradito il mio ragazzo non solo in quel momento, ma anche molti anni prima.  

Ora, da sveglia, sono in ansia perché temo che non avrò scampo per tanto tempo. Non mi libererò facilmente di David  e continuerò a tradire il mio ragazzo. Un amore così non passa in due e due quattro. 

Faccio colazione e provo a guardare i messaggi sul telefono, ma continuo a pensare a lui, proprio come quando ci si innamora e avere notizie dell’innamorato diventa la cosa più importante della giornata. È lui che scandisce ogni piccolo gesto, ogni pensiero. Anzi, che all’improvviso da un senso a ogni piccolo gesto e a ogni piccolo pensiero. Non c’è nulla da fare. Mi abbandono al pensiero, poi lo scaccio, ma non ci riesco, quindi esco di casa. La mia giornata è abbastanza piena di eventi e di incontri e per un po’ di tempo non penso a lui, ma quando incontro un’amica per un caffè nel pomeriggio e mi viene spontaneo parlargli di questo mio nuovo stato d’animo, tutto l’innamoramento e l’emozione tornano a galla. Mentre le confesso, sminuendola, la mia ossessione, provo a pronunciare David. Ma come il nome esce dalle mie labbra, sento di nuovo le butterflies muovere le loro ali nel mio stomaco. Devo evitare di pronunciare il suo nome. “Quello che ha scritto Infinite Jest, hai presente?”, questa sarà la mia frase di apertura, se ne vorrò di nuovo parlare con qualcuno.

Lui, quello di Infinite Jest.

Torno a casa nella speranza che il mio ragazzo non sia ancora arrivato perché voglio fiondarmi su youtube e vedere e rivedere il mio amore che parla nelle conferenze. Rivederlo che concede lunghe interviste a Charlie Rose, lui, quello di Infinite Jest, e de La scopa del sistema che anni fa non mi era piaciuto e mi aveva ingannato, facendomi pensare che sarebbe stato uno scrittore non adatto ai miei gusti. Poi però, Questa è l’acqua, un librettino che raccoglie un discorso tenuto a delle matricole universitarie, mi aveva folgorato.  

Quindi il nostro non è stato un colpo di fulmine, ma un amore nato nel tempo.

Sono al punto limite di voler cercare David, di volerlo rivedere. Da qualche parte si troveranno i contatti del suo agente e potrei inventarmi la scusa di volerlo intervistare, anche solo per stringergli la mano, per stare vicino a lui. Seduta, in piedi, fuori dalla sua porta, anzi magari nella stessa stanza, dove potrei respirare la sua presenza, le sue vibrazioni, quel suo modo magnifico di essere impacciato.

Ma ecco la colpa. Ho tradito il mio ragazzo tutta la notte e lo sto tradendo ancora.

Cerco una foto di David. Mi sento come quei mariti e mogli infedeli che a un certo punto sentono l’esigenza di far conoscere l’amante al consorte. Invio al mio ragazzo la foto di David. Non so cosa scrivere, e gli dico che è uno scrittore che mi piace tanto e che gli somiglia. Nella foto ha una camicia a scacchettoni, la sua solita bandana, l’aria di un orso sperduto, anzi messo lì da una gru che l’ha mollato su questa terra senza spiegazioni, senza riferimenti, concedendogli i mezzi più sofisticati per cercarli, quei riferimenti. È di fronte alla sua casa nel Massachusetts, guarda nel vuoto, ma ha un sorriso sottile. In quell’istante, mentre allargo la foto e provo a centrare i suoi occhi, mi viene un colpo al cuore. Ma questa volta, un colpo che porta emozioni ben diverse, piene solo di dolore. 

Perché ti sei ammazzato, David Foster Wallace?  

Coming soon: la seconda parte del racconto David Foster Wallace 2. Sul tuo suicidio.

 

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Elena Perazzini

Elena Perazzini

Autore

Elena Perazzini è nata a Rimini e vive a Manhattan, dal 1997. Laureata a Bologna con una tesi in criminologia nel 1999 è stata assistente di Oriana Fallaci a New York presso Rizzoli e producer per Rai International. ..

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