Elenco dei contenuti
- 1 Irena Portenko è una famosa musicista ucraina che vive a New York.
- 2 “Non me ne andrò da Kiev, non insistere”
- 3 Una sconosciuta dalla Slovenia le offre una possibilità.
- 4 Partenza da Kiev per l’Ungheria, attraversando l’Ucraina in autobus.
- 5 “devo la vita a una sconosciuta che ci ha salvati.”
- 6 Musicisti, ballerini, artisti combattono sul fronte in Ucraina
- 7 I concerti per l’Ucraina a New York
Irena Portenko è una famosa musicista ucraina che vive a New York.
Il 23 febbraio 2022, dalla sua casa a Greenwich, Irena dà la buona notte a sua madre in Kiev. La madre sembra serena. Dopo mesi di attesa, è stata ammessa in ospedale per un’operazione al cuore alla quale deve sottoporsi il giorno successivo, il 24 febbraio. Poche ore dopo, nel pieno della notte, la Russia invade l’Ucraina sparando missili su Kiev. L’ospedale non ha scelta, è costretto a dimettere i malati, come la madre di Irena, per diventare centro di emergenza per i feriti. La madre di Irena ci mette quattro giorni per tornare a casa. Il suo tragitto di ritorno sarebbe stato di 18 minuti in auto, ma comporta l’attraversamento di un ponte che ora è bloccato. Ci impiega 6 ore a bordo di un van, la flebo ancora attaccata, passando per strade di foresta, alcune sterrate. Arriva a casa sana e salva, ma non può restare a Kiev. Negli ultimi tempi ha dovuto chiamare un’ambulanza quasi una volta a settimana. La sua patologia cardiaca è in peggioramento. La guerra in Ucraina è scoppiata e a Kiev, di ambulanze, non ce ne sono più, per i pazienti normali.
Kiev è stata appena bombardata e l’Ucraina è in guerra.
Irena è a Westchester, New York, bloccata, non può fare nulla. Tutte le sue conoscenze a Kiev sono, come i suoi genitori, impegnate a capire come salvarsi la vita. Se provare ad andarsene o rimanere. Con suo padre Irena discute al telefono da giorni. Lui non vuole lasciare la propria casa. È un matematico, sta scrivendo due articoli importanti, le dice al telefono “Qui è dove ho costruito tutto, dove ho trovato ispirazione per il mio lavoro. Voglio continuare a fare quello per cui ho sempre lavorato. Devo finire i miei due articoli e non voglio lasciare la casa che io e tua madre abbiamo costruito”, ripete il padre a Irena mentre lei, le lacrime agli occhi, insiste per convincerlo. Deve trovare il modo di lasciare Kiev e andare ad ovest, almeno, le ripete lei. Ma il padre non ne vuole sapere.
“Non me ne andrò da Kiev, non insistere”
Irena prova ad amarlo più di quanto abbia mai dovuto fare, sforzandosi di accettare e rispettare la sua decisione.
Ma per la madre di Irena il destino ha preparato altro. Quattro anni fa Irena è stata in vacanza in Slovenia, sulla costa dell’Adriatico, dove ha affittato una villetta vista mare. Dal giorno in cui la guerra è scoppiata, ha ricevuto diverse chiamate dalla signora che gliel’aveva data in affitto, ma non ha mai risposto, includendola tra le tante persone che l’hanno contattata per dimostrare solidarietà. Finché una mattina, rispondendo all’insistenza della signora, Irena è pronta a ringraziarla e a dirle che non ha tempo per chiacchiere.
Una sconosciuta dalla Slovenia le offre una possibilità.
Ma la signora slovena non ha chiamato per commiserazione. Le vuole offrire una possibilità. Le metterà a disposizione la villetta vista mare per ospitare i suoi genitori e altri membri della sua famiglia. Irena è attonita, non ha idea di come potrebbe fare per aiutarli a raggiungere la Slovenia, ma si rende conto che se sua madre rimarrà a Kiev, se non saranno i missili, sarà la sua patologia a ucciderla. La signora slovena le dice che l’aiuterà, che la casa è pronta per loro, che li aspetterà finché non arriveranno. Sempre trovandosi dall’altra parte dell’oceano, Irena si da da fare e riesce a organizzare il viaggio di andata da Kiev verso il confine dell’Ucraina per sua madre e per la famiglia dello zio. Il padre rimarrà da solo nella sua casa. Non ha cambiato idea nemmeno di fronte a questa possibilità. Intanto la signora slovena si mette in auto, sola, organizzata per il lungo viaggio che l’aspetta, almeno dieci ore. Irena, da New York, comincia a coordinare il loro incontro che dovrebbe avvenire in Slovenia passando per l’Ungheria.
Partenza da Kiev per l’Ungheria, attraversando l’Ucraina in autobus.
Intanto, l’autobus che attraversa l’Ucraina prende a fare fermate improvvise, sia per fare rifornimento, sia per i tanti blocchi militari che si incontrano. La gente dentro è stipata, la metà di loro è in piedi, sono provvisti di pannoloni perché sanno che non si potrà scendere e non si ha idea di quante ore ci vorranno per raggiungere il confine. Irena nel frattempo deve comunicare le fermate e le ripartenza dell’autobus alla signora proveniente dalla Slovenia. Da internet rintraccia i distributori di rifornimento in modo da anticipare le fermate dell’autobus e non costringere la signora a un’attesa troppo lunga. A tratti la comunicazione con sua madre sparisce, la signora slovena le dice di tener duro quando Irena scoppia in lacrime, non dorme da diverse notti ormai.
La madre e il resto dei parenti giungono finalmente al confine. Scendono per cambiare autobus. Rimangono diverse ore in attesa, dalla notte fonda fino all’alba di una fredda giornata di marzo. Il negoziante del piccolo autogrill dell’Ungheria è ucraino e rimane aperto per loro. Ripartono col nuovo autobus. La signora slovena è già in attesa in una stazione di servizio in Slovenia. Quando li vede scendere scoppia a piangere. Non li ha mai conosciuti, ma li descriverà a Irena come persone che non avevano più un aspetto umano. Sotto passate 30 ore da quando sono partiti. La signora li carica nella sua piccola berlina, ha fissato una stanza di hotel per non rifare il viaggio di ritorno in una sola tratta e il giorno successivo, finalmente, arrivano nella villetta sul mare.
“Io devo la vita a questa signora,” dice Irena commossa,
“devo la vita a una sconosciuta che ci ha salvati.”
Da dove arriva il nobile intento di fare del bene? Stiamo assistendo a un’alzata del livello di coscienza della gente al quale non avevo mai assistito in vita mia, dice Irena. È stupefatta dalla sensibilità di tutti, dal riconoscimento universale di ciò che è il male, il bene e di ciò che è l’ingiustizia. Ma soprattutto è stupefatta dal coraggio della sua gente, di tutti gli ucraini che stanno combattendo per difendere la loro patria e che non intendono cedere nemmeno un centimetro del loro territorio. “Stanno combattendo per la libertà. E mi rendo conto che per loro, l’idea di libertà, in questo momento, supera l’idea di vivere, va oltre la loro stessa vita. E questo è incredibile. Si stanno dando completamente per il loro Paese.”
Tante persone hanno contattata Irena in America, dove ha raggiunto il successo come pianista e dove vive da oltre vent’anni, per offrirle aiuto. Persone che non sentiva da decenni, ex allievi che ha visto l’ultima volta quando erano ancora bambini. Così, dopo i primi giorni di vuoto e dolore, ha pensato di attivarsi. Ha aperto un fondo di raccolta soldi col quale ha avuto risultati insperati, e poi ha pensato ai musicisti. “Devo aiutare i musicisti ucraini!” mi dice.
Musicisti, ballerini, artisti combattono sul fronte in Ucraina
E molti di loro, nonostante tutto, vogliono continuare a praticare la loro arte. E lo fanno. Lo fanno di notte, sui pianoforti delle loro case bombardate o, come un’organista che Irena conosce perché si sono esibite insieme a Odessa, suona l’organo della sua cattedrale bombardata. Ogni sera la ragazza si arrampica sulle macerie, raggiunge l’organo che è miracolosamente rimasto intatto, e suona. Prova a sollevare l’umore dei soldati accampati proprio lì sotto e mandando in diretta le sue note, spera di alleviare il terrore dei civili che si trovano nei rifugi anti-bomba. Altri musicisti praticano di notte con il loro strumento che spesso si sono portati dietro in trincea.
I concerti per l’Ucraina a New York
Irena decide di sostenere i musicisti ucraini con tutti i mezzi che ha, organizzando quindi concerti a New York e incontra la solidarietà di tutti quelli che contatta. Amici di amici, colleghi, politici, gestori di teatri. A Terrytown, NY il concerto sarà un tutto esaurito e un grande successo. Poi arriva l’idea del Carnegie Hall.
Leggi l’articolo: Concerto per l’Ucraina a Carnegie Hall, New York.
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